L’apostolo Bejelit e’ sicuramente
il piu’ particolare ed atipico presente
in Berserk. E’ presente nella seconda
serie del manga, durante i capitoli della
condanna, e la sua figura e’ fondamentale
nell’aprire la terza parte dell’opera.
Il suo passato da essere umano e’
estremamente triste: un bambino nato deforme,
senza genitori ( probabilmente abbandonato
per la sua deficienza, considerato il periodo
di inquisizioni ). Nessuno gli diede mai
un nome, o almeno non che egli se ne ricordi.
Visse da sempre all’ombra della grande
torre di Sant’Albione, cibandosi insieme
ai topi della spazzatura gettata dagli abitanti
della torre. Un giorno, ancora bambino,
decise di spostarsi, di allontanarsi da
quella che era la sua “casa”.
L’incontro con altri esseri umani
fu drammatico: gli urlarono contro, definendolo
un mostro per le sue sembianze, lo scacciarono
a sassate. Il bambino, terrorizzato, si
rifugio’ in una buca scavata nella
terra, angosciato da cio’ che aveva
visto e dal modo in cui era stato trattato.
Desiderava solo continuare ad esistere,
evitando per sempre di incontrare altre
creature che potessero fargli del male.
E man mano che il tempo passava, il bimbo
scavava rendendo quella buca sempre piu’
profonda, poiche’ spaventato dalla
luce che cercava di raggiungerlo, di toccarlo,
rendendolo quindi vulnerabile alla vista
di quelli che erano diventati i suoi nemici.
Un giorno pero’ avvenne qualcosa…
mentre era rannicchiato nella sua tana,
i suoi occhi atterrirono ad una vista spaventosa:
qualcuno aveva gettato in quel buco un cadavere
di un uomo morto di peste. In seguito caddero
altri cadaveri, ancora e ancora. L’epidemia
aveva raggiunto quelle terre, e gli abitanti
del luogo stavano usando quella buca per
disfarsi dei propri morti. Il bimbo si trovava
li’, sommerso da una montagna di cadaveri,
senza alcuna possibilita’ di muoversi.
Stava li’ ad aspettare la fine, senza
che nessuno sapesse della sua esistenza.
Odio’ profondamente quel mondo e quegli
uomini, desiderando solo la nascita di un
mondo perfetto. Il bejelit, che anni prima
aveva trovato per puro caso tra i rifiuti,
accolse il desiderio del bambino.
Assunse quindi la forma di un bejelit, che
sappiamo essere simbolicamente accostabile
ad un uovo, al fine di simboleggiare la
nascita, la creazione, ovvero concretizzare
il suo desiderio di perfezione.
Bejelit non e’ paragonabile, in quanto
a forza bruta, a nessuno degli altri apostoli.
Non e’ una creatura che ama combattere,
piuttosto preferisce agire sugli esseri
umani trasformandoli in servi del male dai
poteri considerevoli. Ricordiamo in particolare
il dio capro nella grotta dei riti orgiastici
e lo stesso Mozgus con i suoi carnefici.
Un altro punto di forza nei combattimenti
e’ la notevole velocita’ di
Bejelit, simile a quella di Lucine in volo
nella sua seconda forma. Durante il suo
scontro con il Cavaliere del Teschio, Bejelit
attacca con quella che e’ la sua unica
arma, ovvero i lunghi e rapidissimi tentacoli
che e’ capace di agitare come fruste.
Bejelit non viene in effetti ucciso da nessuno,
ma nel suo suicidio porta a compimento il
desiderio espresso quando divenne un apostolo,
ovvero la nascita di un mondo perfetto.
E’ infatti grazie a lui che puo’
avvenire la reincarnazione di Grifis in
quanto essere del mondo terreno, seppur
mantenendo le sue caratteristiche di membro
della Mano di Dio.
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Primo
piano dell'apostolo Bejelit. |
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Particolare
dei lunghi e rapidi tentacoli usati
in combattimento. |